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L'Ultimo Viaggio del Faraone...

Un'analisi radicale dei Testi delle Piramidi e della geografia sacra egizia. Perché le mummie non sono la prova di un culto della morte, ma le vittime di un spazioporto distrutto.

INTRODUZIONE: L'Equivoco Millenario

Esiste un dogma incrollabile che costituisce le fondamenta stesse dell'egittologia moderna. È una "verità" che ci viene insegnata fin dalle scuole elementari, ripetuta in ogni documentario e stampata su ogni guida turistica del Cairo. Questa verità afferma che gli Antichi Egizi erano un popolo ossessionato dalla morte.
Secondo questa visione, l'intera civiltà del Nilo, per tremila anni, ha dedicato le sue migliori risorse, i suoi ingegneri più brillanti e la maggior parte della sua ricchezza nazionale a un unico, lugubre scopo: prepararsi a morire.
Le Grandi Piramidi? Tombe grandiose per cadaveri megalomani.
I Templi di Karnak e Luxor? Sale d'attesa funerarie.
I testi sacri incisi su chilometri di pareti e papiri? Raccolte di preghiere superstiziose per ingraziarsi divinità dalla testa di sciacallo in un aldilà etereo e nebuloso.

Ma se questo dogma fosse completamente errato?
Se fossimo stati noi, uomini moderni accecati dal nostro stesso scetticismo o dalla nostra lente giudaico-cristiana, a fraintendere completamente il messaggio lasciato dai Faraoni?
C'è una corrente di pensiero, iniziata pionieristicamente da Zecharia Sitchin nella sua serie Le Cronache Terrestri e proseguita da ricercatori indipendenti, che propone un cambio di paradigma radicale.
Gli Egizi non amavano la morte. La odiavano. La temevano più di ogni altra cosa.
Tutta la loro civiltà non era finalizzata alla "buona morte", ma alla conquista della "Vita Eterna". E quando i Faraoni parlavano di vita eterna, non intendevano una condizione spirituale di beatitudine disincarnata. Intendevano la vita fisica. Intendevano la longevità biologica. Intendevano il diritto di non morire affatto.
Rileggendo i testi antichi - in particolare i Testi delle Piramidi, che sono di millenni più antichi del più famoso Libro dei Morti - emerge una mappa. Non una mappa allegorica della psiche o dell'anima, ma una mappa geografica reale, tangibile, militare. Una mappa che guidava il Re dall'Egitto verso Est, attraverso i pericoli del deserto del Sinai, verso l'unico luogo sulla Terra dove la gravità poteva essere sconfitta: il Porto Spaziale degli Anunnaki.
In questo dossier, decostruiremo il mito dell'aldilà egizio per rivelare la cronaca di un'epoca dimenticata in cui gli uomini guardavano il cielo non per pregare, ma per partire.

CAPITOLO 1: L'Anomalia della Direzione e la Geografia del Sinai

Il primo indizio che la "Teoria dell'Oltretomba" fa acqua da tutte le parti è puramente geografico. È una questione di bussola.
Nella teologia egizia classica, quella che si consolidò nel Nuovo Regno, il regno dei morti è l'Amenti, l'Occidente. La logica è solare e ineccepibile: il Sole tramonta a Ovest, morendo simbolicamente ogni notte, quindi le anime dei defunti devono seguire il suo cammino verso il tramonto. Per questo motivo, quasi tutte le necropoli, dalla piana di Giza alla Valle dei Re, sono costruite sulla riva occidentale del Nilo.
Eppure, quando apriamo i Testi delle Piramidi (incisi nelle camere sepolcrali della V e VI dinastia, circa 2400 a.C., ma che riportano tradizioni molto più antiche), le istruzioni date al Re sono diametralmente opposte.
Il Faraone non deve andare a Ovest. Deve andare a Est.
Deve dirigersi verso l'Orizzonte Orientale. Deve andare verso il "Luogo dove nascono gli Dèi".
Perché questa contraddizione? Perché un'anima dovrebbe viaggiare verso il sole nascente?
Se abbandoniamo la metafora e prendiamo in mano una mappa satellitare del Medio Oriente, la risposta si materializza davanti ai nostri occhi.
A Est del Nilo, oltre la striscia d'acqua del Mar Rosso, si estende la Penisola del Sinai.

Secondo la ricostruzione della griglia di atterraggio Anunnaki post-Diluvio elaborata da Sitchin:
1. Le Piramidi di Giza non erano tombe, ma fari. Erano punti di riferimento visivi (e radar) che, allineati con il Monte Ararat a nord, definivano il corridoio di atterraggio per le navette che scendevano dall'orbita.
2. Gerusalemme (il Monte Moriah) era il Centro di Controllo Missione, il luogo del "Legame Cielo-Terra" (Dur-An-Ki).
3. Il Sinai centrale era lo Spazioporto. Era il Tilmun ("Il luogo dei missili").

Quando il Faraone iniziava il suo "viaggio nell'aldilà", non stava entrando in una dimensione parallela. Stava iniziando un trekking nel deserto. Stava lasciando la valle del Nilo per raggiungere l'unica installazione tecnologica sul pianeta capace di portarlo via dalla Terra, verso il Pianeta dei Milioni di Anni.

CAPITOLO 2: La Duat - Analisi Topografica di una Zona Militare

Gli egittologi traducono il termine Duat come "Aldilà" o "Inferi". Ma l'etimologia e i geroglifici suggeriscono qualcosa di diverso. Il glifo è spesso una stella cerchiata. Potrebbe essere tradotto come "Luogo dell'Ascensione" o "Zona del Crepuscolo".
Il Libro dei Morti, che è la versione più tarda e corrotta di queste istruzioni, divide il viaggio attraverso la Duat in 12 Ore o Regioni.
Se leggiamo queste "Ore" come tappe di un viaggio fisico attraverso la penisola del Sinai, la corrispondenza è sconcertante.

1. L'Ostacolo dell'Acqua (Il Lago dei Giunchi)
Il primo ostacolo che il Faraone incontra è un corpo d'acqua. Viene chiamato "Lago dei Giunchi" o "Campo di Iaru". Deve trovare un traghettatore ("Colui che guarda indietro") per passarlo.
Geograficamente, questo corrisponde perfettamente alla barriera d'acqua che separa l'Egitto dal Sinai: la linea dei Laghi Amari e la punta settentrionale del Golfo di Suez.
Nota bene: il termine biblico per il Mar Rosso attraversato da Mosè è Yam-Suph, che significa esattamente "Mare dei Giunchi". Bibbia e testi egizi descrivono lo stesso ostacolo geografico.

2. Il Deserto e le Montagne
Superata l'acqua, il Faraone entra in una terra arida, "senza acqua e senza aria", dove "non si può distinguere il volto del proprio fratello". È una descrizione perfetta del deserto del Sinai centrale, con le sue tempeste di sabbia e il suo paesaggio lunare.
Il testo menziona il passaggio tra "Due Montagne" che sorreggono il cielo.
Nel Sinai, per accedere all'altopiano centrale (dove Sitchin colloca lo spazioporto), bisogna passare attraverso wadi (valli secche) stretti tra montagne imponenti, come il Passo di Gidi o il Passo di Mitla. Sono colli di bottiglia strategici naturali.

3. La Zona Recintata
Più il Re avanza verso l'obiettivo, più il territorio diventa strano. Non è più un deserto aperto. È strutturato. Ci sono mura, piloni, porte.
Siamo entrati nel perimetro di sicurezza dello Spazioporto.

CAPITOLO 3: I Guardiani delle Porte - Demoni o Tecnologia?

Questa è la parte più affascinante e fraintesa. Il Libro dei Morti è essenzialmente un manuale per hackerare un sistema di sicurezza.
Il Faraone si trova di fronte a una serie di "Porte" (in alcune versioni 7, in altre 12 o 21). Ogni porta è bloccata. Ogni porta è sorvegliata.
Chi sono i Guardiani?
L'iconografia li dipinge come mostri ibridi, uomini con teste di coccodrillo, leone, ippopotamo, armati di coltelli.
Le descrizioni testuali sono ancora più interessanti. Si parla di esseri che "hanno occhi che vedono tutto", che "sputano fiamme", che "lanciano raggi che non si possono vedere ma che bruciano la carne". Si parla di "voci tuonanti" che chiedono le credenziali.
Se togliamo il velo della superstizione e indossiamo gli occhiali di un uomo del XXI secolo, cosa stiamo guardando?
Stiamo guardando un sistema di difesa automatizzato.
- L'"Occhio che vede tutto": telecamere di sorveglianza o sensori di movimento.
- "Colui che sputa fiamme": torrette automatiche, lanciafiamme o armi a energia diretta.
- I "coltelli": lame rotanti o barriere fisiche meccaniche.
Il Faraone non combatte questi mostri con la spada. Li combatte con la Voce.
Deve pronunciare le parole corrette.
"Io ti conosco. Conosco il tuo nome. Il tuo nome è [Codice X]".
"Lasciami passare, perché io sono uno di voi".
"Io possiedo l'Occhio di Horus".

Queste non sono preghiere. Sono password. Sono codici di riconoscimento (IFF - Identification Friend or Foe). Il Faraone sta dichiarando al sistema di sicurezza di avere l'autorizzazione genetica (il sangue divino) o il badge (l'amuleto) per entrare nella Restricted Area senza essere incenerito dai sistemi di difesa perimetrale. Vi sembra assurdo? Forse lo è..

CAPITOLO 4: L'Obiettivo Finale - Lo Shem e l'Ascensione

Se il Faraone riesce a superare indenne le 12 regioni della Duat e a ingannare o soddisfare tutti i Guardiani, arriva finalmente al cuore del complesso: la Montagna Sacra.
Qui, la promessa dei testi diventa esplicita e tecnologica.
L'obiettivo non è sedersi su una nuvola. L'obiettivo è entrare in un oggetto.

I testi lo chiamano in vari modi:
- La "Barca di Milioni di Anni".
- L'"Occhio di Horus" (in un contesto di veicolo).
- La "Scala Celeste".

I geroglifici che rappresentano questa "scala" non mostrano quasi mai dei gradini di legno. Mostrano spesso una struttura doppia che si innalza, o un oggetto conico su una piattaforma (la pietra Ben-Ben).
È lo stesso concetto del MU sumero o dello SHEM biblico della Torre di Babele. È un veicolo a propulsione verticale.
Le descrizioni del momento della partenza sono inequivocabili:
"La terra trema... il cielo tuona... il fumo si alza... il Re viene sollevato come un falco... egli vola via tra le stelle imperiture".
Questa è la cronaca di un lancio missilistico. Il Faraone veniva caricato su una navetta di raccordo, portato alla stazione orbitale e da lì trasferito su un vascello interplanetario diretto verso Nibiru.
Perché voleva andare lì?
Non per "beatitudine". Ma per necessità biologica. Gli Egizi sapevano che gli Dèi vivevano migliaia di anni. Sapevano che questa longevità dipendeva dal loro pianeta o dal loro cibo ("Il Pane della Vita", l'"Acqua della Vita"). Il Faraone, sentendosi un semidio, pretendeva lo stesso trattamento. Voleva andare alla fonte della giovinezza.

CAPITOLO 5: La Tragedia delle Mummie - La Teoria del "Cargo Cult"

Arriviamo ora al punto cruciale, quello che spiega la discrepanza tra il mito del viaggio e la realtà archeologica delle tombe piene.
Se i Faraoni partivano per lo spazio, perché abbiamo le loro mummie? Perché Tutankhamon è rimasto nella sua tomba?
Per rispondere, dobbiamo introdurre la variabile tempo. La storia egizia dura 3000 anni (quella che conosciamo noi). Non è stata sempre uguale.
Secondo la cronologia ricostruita da Sitchin basandosi sui testi mesopotamici, c'è stato un evento spartiacque che ha cambiato tutto: le Guerre della Piramide e, successivamente, il conflitto nucleare del 2024 a.C. (la distruzione di Sodoma e Gomorra e dello Spazioporto del Sinai).

Fase 1: La Realtà (Zep Tepi - Il Primo Tempo)
In un'epoca remotissima, gli Dèi (Anunnaki) erano presenti e lo spazioporto era operativo. In questa fase, i "Prescelti" (forse i primi ibridi re-sacerdoti) potevano davvero partire. Di loro non abbiamo corpi. Sono ascesi. Il mito è nato dalla realtà.

Fase 2: La Chiusura dei Porti
A causa dei conflitti tra le fazioni di Enlil e Marduk/Ra, lo spazioporto del Sinai divenne prima zona di guerra e poi fu reso inutilizzabile. Le navette smisero di partire. Il "Ponte" fu tagliato.

Fase 3: Il Rituale (Il Culto del Cargo)
I Faraoni delle dinastie storiche (quelle che conosciamo) si trovarono in una situazione tragica. Avevano la "mappa" (i testi antichi), avevano le "password" (il Libro dei Morti), avevano il diritto di sangue... ma non c'erano più i mezzi.
Lo spazioporto era deserto o distrutto. Gli Dèi erano in silenzio.

Cosa fa un uomo che si crede divino ma non può tornare a casa? Crea un simulacro.
La mummificazione non nacque come celebrazione della morte, ma come disperato tentativo di "congelare" la vita.
Se non posso partire oggi, ragionava il Faraone, devo conservare il mio corpo intatto, perfetto, indistruttibile. Devo circondarmi di modelli delle navi spaziali (le barche solari in legno), di mappe stellari, di cibo.
Devo restare in animazione sospesa finché gli Dèi non torneranno a riaprire le rotte.
Le mummie sono un atto di attesa. Sono passeggeri in transito che si sono addormentati nella sala d'attesa di un aeroporto abbandonato, sperando che un giorno, tra mille anni, un "dio" torni, li svegli (il rituale dell'"Apertura della Bocca") e li porti via.
L'intera religione egizia, con la sua magnificenza e la sua tristezza, è un gigantesco "Culto del Cargo". Proprio come gli indigeni della Melanesia costruivano aerei di paglia sperando che gli aerei americani tornassero con il cibo, gli Egizi costruirono le loro tombe e barche di legno sperando di riattivare una tecnologia che non comprendevano più, ma di cui ricordavano disperatamente gli effetti.

CONCLUSIONE: Il Silenzio del Deserto

Oggi, quando guardiamo il deserto del Sinai, vediamo solo sabbia e rocce. Ma se guardiamo con gli occhi della Storia Occulta, vediamo le cicatrici di una pista di atterraggio smantellata.
Quando leggiamo il Libro dei Morti, non stiamo leggendo preghiere. Stiamo leggendo le procedure di emergenza di un equipaggio a terra.
L'ultimo viaggio del Faraone non era verso un aldilà spirituale. Era un tentativo fisico, pericoloso e concreto di forzare il blocco terrestre e ricongiungersi con la famiglia stellare.
Le mummie che ci guardano dalle teche dei musei non sono simboli di morte. Sono monumenti alla speranza. Sono la testimonianza silenziosa di un'umanità che si sapeva "orfana" e che ha speso ogni oncia della sua energia nel tentativo di tornare a casa, o almeno, di farsi trovare pronta qualora i "genitori" fossero tornati.
La prossima volta che vedrete un sarcofago, non pensate a una bara. Pensate a una capsula di ibernazione che non ha mai ricevuto il segnale di risveglio.

LASTORIAOCCULTA

FONTI E BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

- Zecharia Sitchin - Il Cammino verso il Cielo (The Stairway to Heaven): Il secondo volume delle Cronache Terrestri è la pietra miliare di questa teoria. Sitchin dedica centinaia di pagine all'analisi filologica comparata tra i testi egizi e quelli sumeri.
- Zecharia Sitchin - Guerre Atomiche al Tempo degli Dèi: Per comprendere il contesto bellico che portò alla distruzione delle infrastrutture spaziali nel Sinai (il "Vento del Male").
- I Testi delle Piramidi (The Pyramid Texts): Si consiglia la traduzione di R.O. Faulkner. Sono i testi più antichi e "tecnici", meno corrotti dalla teologia successiva rispetto al Libro dei Morti.
- Sir E.A. Wallis Budge - The Egyptian Book of the Dead: Per l'analisi classica dei guardiani e delle porte, da rileggere in chiave tecnologica.
- Mappe topografiche e satellitari del Sinai: Per verificare la corrispondenza tra la "Via di Horus" (la via militare costiera e centrale) e le descrizioni della Duat.

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