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Yahweh: il Dio nascosto tra gli dèi di Sumer

E se Yahweh non fosse mai stato l'unico Dio, ma solo uno dei tanti? Se la sua figura, così assoluta e dominante nei testi sacri, fosse in realtà il risultato di una lunga evoluzione, di una sovrapposizione di antiche divinità? Un sincretismo tra culture, credenze e tradizioni? Questa è una domanda che cambia tutto. Perché ci costringe a rileggere le Scritture non come rivelazione unica, ma come prodotto di stratificazioni culturali, riscritture teologiche e, forse, manipolazioni. Chi era davvero Yahweh? La Bibbia ce lo presenta come eterno, unico, onnipotente. Ma il suo nome appare tardi, non è presente nei primi racconti della Genesi. Lì si parla genericamente di Elohim. Solo più avanti, con Mosè, Yahweh rivela il suo nome: “Io sono colui che sono” (Esodo 3:14). Ma perché aspettare tanto per rivelarsi? E perché parlare con nomi diversi? Prima ancora si parla di El Shaddai, di Elyon, di Adonai. Tutti questi nomi indicano forse divinità differenti, poi unificate sotto un...

La lunga vita dei patriarchi prediluviani

 


Tra i passaggi più enigmatici dell’Antico Testamento c’è una sezione che la maggior parte dei lettori contemporanei tende a sorvolare con diffidenza o con fare simbolico: le genealogie dei patriarchi antidiluviani. Stiamo parlando di Adamo, Set, Enosh, Kenan, Mahalalel, Iared, Enoch, Matusalemme, Lamech e infine Noè. Uomini straordinari, si dice, la cui vita si estese per secoli, in alcuni casi fino a superare i 900 anni. Una leggenda? Un’iperbole simbolica? Oppure c’è qualcosa di molto più profondo, e forse inquietante, se osservato da una prospettiva alternativa?

Nel libro della Genesi, leggiamo che Adamo visse 930 anni, suo figlio Set 912, Matusalemme addirittura 969. Questi numeri sono riportati con precisione, quasi con meticolosità burocratica. La sensazione è che non si tratti di semplici metafore o numeri arbitrari, ma di una trasmissione fedele di dati provenienti da un’epoca in cui esseri possedevano una biologia radicalmente diversa dalla nostra.

Molti di voi potrebbero essere portati a pensare che il tempo venisse misurato in maniera diversa. Ma se si procede con la lettura del testo biblico, ci accorgiamo che non è così.  Molti studiosi alternativi si sono chiesti: è possibile che queste straordinarie longevità siano il riflesso di una genetica differente, di un’umanità primordiale modificata, o addirittura ibridata con una razza esterna?

Il concetto di un’umanità divisa in due stirpi – una “normale” e una dotata di caratteristiche fuori dal comune – attraversa numerose tradizioni antiche. Gli dèi che si accoppiano con le figlie degli uomini, i semidei della mitologia sumera e greca, i re-sciamani dalle capacità sovrannaturali. Ovunque ci si giri, nei testi sacri o nei miti, si trovano accenni a esseri che vivevano molto più a lungo degli uomini comuni, portatori di conoscenze avanzate e di poteri fuori dalla norma. Nel caso dei patriarchi biblici, viene da chiedersi: erano tutti esseri umani? O si trattava di discendenti diretti di un intervento esterno, dotati di una biologia diversa, capace di rigenerarsi, rallentare l’invecchiamento e vivere secoli?

Se osserviamo il mondo biologico, ci sono organismi sulla Terra che non invecchiano nel modo in cui lo facciamo noi. Alcuni tipi di meduse, per esempio, sono potenzialmente immortali. Un altro esempio potrebbe essere la durata di della vita di una farfalla rispetto alla nostra. Di certo agli occhi di una farfalla dovremmo sembrare degli esseri immortali!  E se esistesse (o fosse esistita) una manipolazione genetica in grado di fornire a un gruppo selezionato di individui un potere longevo innaturale, tramandabile di generazione in generazione, almeno fino a una certa "corruzione" della linea?

Un paragone illuminante lo troviamo in un altro documento antichissimo: la Lista Reale Sumerica. Lì si racconta che i primi re vissero per decine di migliaia di anni, regnando prima del Diluvio. Dopo il grande cataclisma, la durata della vita si accorciò drasticamente. È esattamente ciò che avviene anche nella Bibbia: i patriarchi vissuti prima del Diluvio superano tutti i 900 anni. Dopo Noè, le durate calano progressivamente fino a tornare a livelli “umani”. Questo non sembra un caso. Sembra piuttosto un pattern, un codice. Un reset genetico o biologico. Un cambio di paradigma. Qualcosa, o qualcuno, ha agito sulla linea temporale e biologica dell’umanità.

Tra questi patriarchi spicca una figura anomala: Enoch. Diversamente dagli altri, non viene detto che sia morto, ma che “camminò con Dio, poi scomparve, perché Dio lo prese con sé”. Enoch visse 365 anni: un numero simbolico? Niente affatto. Enoch è l’unico che viene "rapito", e che nella tradizione extrabiblica (come nei testi apocrifi) riceve conoscenze proibite dagli esseri celesti. Gli vengono mostrati i meccanismi dell’universo, gli viene insegnata la scrittura celeste, e viene trasformato in qualcosa di diverso. Forse in un “intermediario” tra due razze? In un ibrido consapevole? Questa anomalia suggerisce che Enoch potrebbe non essere mai stato un semplice umano, ma qualcosa di più: un esperimento riuscito, o un “prescelto” destinato ad ascendere a un livello più alto. Alcuni testi parlano di un ritorno di Enoch alla fine dei tempi. Il primo "rapito", forse il primo viaggiatore interdimensionale della storia. Ma questa è un altra storia (in un altro post)

 Ma c'è un altro elemento a mio avviso molto più interessante. L'evento culminante che potrebbe aver corrotto il corredo genetico immacolato e puro dei primi uomini, fu secondo me l'uscita dall' eden. Dallo spazio protetto creato per per gli adamiti. Uscendo fuori nel mondo, questa razza dal corredo genetico puro, si mischiò con altri uomini che gia esistevano prima di loro ma che non avevano un corredo genetico puro. Si perché gli adamiti, si accoppiavano fra di loro, tra fratelli e sorelle, e quindi il loro corredo rimaneva inalterato, sano. Senza parlare poi della discesa dei "figli di dio", che cominciarono anche loro ad accoppiarsi con le femmine adamitiche. I testi sumeri, origine e ispirazione delle storie narrate nella genesi biblica, non soltanto sono più dettagliati ma forniscono la base per una maggiore comprensione degli eventi.

Nel capitolo 6 della genesi, si parla di 120 anni, e gli studiosi hanno sempre pensato che si riferisse al limite imposto alla vita di un uomo. Ma come ho gia sottolineato anche nel mio profilo Instagram, non si tratta di una minaccia, nessuna imposizione da parte di "dio", ma di una semplice constatazione dei fatti. Leggiamo nella bibbia...

Genesi 6

"Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». 

Quindi senza neanche leggere i testi cuneiformi veniamo a conoscenza della causa per cui "lo spirito di dio" ossia la componente genetica dei loro creatori non durerà nell' uomo. Essendo stati Adamo ed Eva espulsi dall' eden, vennero a contatto con gli uomini fuori dalla zona protetta e quando al tempo di Yared, calarono sulla terra i figli di dio, i nephilim, i vigilanti osservatori, ci fu promiscuità, tutti si accoppiavano con tutti, non c'erano più regole. Gli adamiti si accoppiavano anche con gli uomini o donne che erano estranei alla loro "famiglia" ovvero quella adamita, e la loro genetica si andò indebolendosi sempre di più. Questo è spiegato chiaramente in un testo cuneiforme chiamato "storia di Adapa".

Il testo racconta che Enki era preoccupato da questo fatto, della corruzione del corredo genetico dell'uomo, e continuava a studiare i terrestri cercando di trovare una soluzione, si accoppiò con una femmina adamita cercando di ristabilire la situazione. Dall unione nacquero Adamo e Titi, i primi terrestri civilizzati. La vita si allungò di nuovo, ma il lento declino della componente genetica di Enki era inesorabile, non c'era soluzione, la vita dei terrestri si assestava sui cicli orbitali del pianeta terra. Quindi la ragione della longevità degli Adamiti è che avevano dentro di loro una forte componente genetica degli Anunnaki. Ma con i loro continui accoppiamenti questa essenza vitale dei loro creatori degradava lentamente ma inesorabilmente.

Nella bibbia infatti leggiamo la stessa cosa:

"Il nostro spirito non perdurerà nell' uomo, poichè egli è solo carne e la loro vita sarà di 120 anni" 

Non è una minaccia, è una semplice constatazione. È quello che succederà e non c'è niente da fare.

Quindi in definitiva, fin quando gli adamiti si accoppiavano fra di loro, entro la loro famiglia, la componente genetica Anunnaki permaneva. Questo è anche uno dei motivi per cui le caste reali umane, per tutta la storia dell' uomo, si sposavano tra loro, cercavano di non dissolvere la genetica della loro famiglia, restando sempre puri. Fa parte di un retaggio antichissimo. Nella bibbia tra l'altro anche Abramo era sposato cosa Sarah, sua sorellastra. Persino Enki si accoppiava con sua sorella Ninmah. Non per capriccio, ma per una ragione ben precisa, non corrompere la linea di sangue. 

Con il Diluvio quindi tutto cambia. La durata della vita si riduce drasticamente. Da Noè in poi, gli uomini vivono sempre meno: 600, 400, 200 anni… fino a scendere sotto i 120. E infine a 70 o 80, come recita il Salmo 90. Il Diluvio potrebbe essere interpretato, in chiave speculativa, come una pulizia genetica, un reset biologico. La rimozione di una linea di sangue indesiderata.

Forse, quella lunga stirpe di patriarchi non era destinata a durare. Forse le loro capacità – mentali, spirituali, genetiche – erano il risultato di un intervento dall’esterno. Un evento catastrofico che non fu soltanto geologico, ma anche biologico, culturale, spirituale. E se la “promessa” della lunga vita fosse stata programmata dentro di noi, ma disattivata, nascosta nel nostro DNA come un codice in attesa di essere riattivato? Numerose scoperte scientifiche recenti confermano che il nostro codice genetico è formato in gran parte da segmenti dormienti, che potrebbero contenere informazioni latenti non ancora comprese. E se una parte di questo codice fosse il retaggio di una civiltà antica, un'eredità dimenticata che un giorno potrà risvegliarsi?

Forse i patriarchi non erano soltanto uomini longevi. Forse erano i custodi di una conoscenza che abbiamo dimenticato, o che ci è stata sottratta. Forse erano il frutto di una stirpe innestata sull’umanità da visitatori venuti da altrove – da un’altra dimensione, da un altro pianeta. E se, come dicono i testi sumeri siamo davvero i figli dimenticati di quegli antichi visitatori che i sumeri chiamavano Anunnaki? E se fossimo il frutto di un esperimento genetico? Sarà incredibile, ma i testi sumeri affermano proprio ciò.  Se queste teorie sembrano ardite, lo sono perché osano fare ciò che la scienza e la religione spesso evitano: porsi la domanda scomoda.

E se gli antichi avessero ragione e avessimo davvero dimenticato chi siamo?


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