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Il Suono di Mami: La Dea Madre impressa nel nostro DNA


Avete mai pensato a quanto sia universale la parola “mamma”? La pronunciamo tutti, da bambini, quasi senza impararla davvero. Viene fuori da sola, come se fosse impressa dentro di noi. E non succede solo in italiano. In tutto il mondo esistono parole simili: mama, amma, ima, ema. È curioso, vero?
Potrebbe non essere nata per caso. Secondo alcune interpretazioni alternative delle antiche lingue e dei miti sumero-accadici, la parola "mamma" potrebbe affondare le sue radici nel nome di una delle più antiche divinità creatrici della storia umana: Mami, anche conosciuta come Ninursag, Ninmah o Nintu. Nomi diversi, ma tutti legati a un’unica entità: la Dea Madre, colei che secondo i testi cuneiformi diede forma e carne all’essere umano.

Nel mito sumero della creazione, raccontato nell’Atra-Hasis e in altri testi mesopotamici, Mami è la divinità che modella l’uomo con l’argilla mescolata al sangue di un dio sacrificato. Un gesto potente, arcaico, quasi scientifico, che ricorda un atto di ingegneria genetica più che una semplice allegoria spirituale. Mami viene chiamata "la levatrice degli dèi", "la signora del parto", "colei che dà forma". In un mondo in cui le divinità avevano ruoli specifici e materiali, Mami era la matrice, l’utero cosmico da cui tutto prende vita.
Ma c'è un dettaglio ancora più intrigante: la radice fonetica “ma” o “mam”, che risuona nelle bocche dei neonati appena venuti al mondo. Si tratta davvero solo di un suono casuale, universale per questioni fisiologiche? O potrebbe essere una memoria biologica, un'eco mnemonica impressa nel nostro codice genetico fin dalla nostra origine più antica?
Pensateci: quasi tutte le culture del mondo usano suoni simili per indicare la madre. Dall’“amma” indoeuropea, al “ema” ebraico, al “ima” semitico, al “mama” africano, sino al nostro dolce italiano “mamma”. Come se l’essere umano, al di là delle differenze linguistiche e culturali, ricordasse qualcosa. Come se quel suono fosse un richiamo, un codice primordiale radicato in un passato remoto che precede la scrittura e la storia ufficiale.
Ninursag, o Mami, era anche una dea genetista. Alcuni studiosi alternativi suggeriscono che i racconti sumeri non siano solo mitologia, ma memorie criptate di eventi reali, trasmesse in linguaggio simbolico: manipolazione genetica, clonazione, creazione artificiale dell’essere umano da parte di esseri superiori venuti “dal cielo”. La Dea Madre, in questa visione, non era una semplice figura spirituale, ma un essere fisico, operativa in laboratorio, parte di un’élite di creatori. 
È interessante notare come lo stesso simbolismo della “argilla” o del “fango” usato per plasmare l’uomo, possa essere interpretato come una metafora del materiale biologico, dell’RNA primordiale. E il sangue del dio sacrificato? Un codice genetico. Un DNA alieno. La combinazione di elementi terrestri con materiale proveniente da “là fuori”.
In questa visione, il primo uomo – l’Adamu sumero – non nasce per caso o per evoluzione naturale, ma è modellato, progettato. E la figura che lo accompagna nella nascita, che gli imprime la vita, è una madre celeste, una Mami. Il suo nome potrebbe essere stato la prima parola pronunciata, non per scelta, ma perché incisa nella memoria cellulare, come imprinting cosmico.
Questo spiegherebbe anche l’universalità del culto della Dea Madre in tutte le culture arcaiche. Dalla Venere di Willendorf alle matrone italiche, dalla Iside egizia alla Cibele anatolica, fino alla Kali vedica: tutte incarnazioni diverse di uno stesso principio femminile creatore, che nei testi più antichi assume la forma concreta di Ninursag. La Madre primordiale. La manipolatrice della carne. La madre di tutti gli dèi e degli uomini.
Non è forse curioso che oggi, in un’epoca dominata da scienza e razionalismo, il suono più istintivo che un neonato emette sia ancora “ma”? Non è forse questa una testimonianza che qualcosa di ancestrale sopravvive dentro di noi, al di là della cultura e dell’insegnamento? Forse il primo linguaggio dell’umanità non fu fatto di parole, ma di frequenze mnemoniche, di suoni archetipici impressi durante la creazione.
E se così fosse, il nostro modo di chiamare “mamma” non è solo un atto affettivo, ma un gesto sacrale. Un tributo inconscio a colei che ci plasmò, non solo come individui, ma come specie. La nostra vera madre, venuta dalle stelle



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