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Ci sono storie che non troverai nei libri di scuola. La Storia Occulta è il blog che indaga ciò che la storia ufficiale tace. Qui esploriamo le origini dimenticate dell’umanità, i testi antichi riletti con occhi nuovi, il legame tra religione e contatto extraterrestre. Dai Sumeri agli Anunnaki, dalla Bibbia ai miti nascosti: ogni post è una porta aperta sul lato oscuro e affascinante del nostro passato.
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Oltre il Mito: tra Memoria e Testimonianza
Quando si parla di avvistamenti UFO nell’antichità, la linea che separa il mito dalla testimonianza storica diventa sottile, sfocata, talvolta volutamente cancellata. Per secoli, storici e accademici hanno relegato le descrizioni di “carri di fuoco”, “nubi splendenti” o “esseri venuti dal cielo” al regno dell’allegoria, dell’immaginazione religiosa, della superstizione. Ma un’analisi più attenta ci costringe a porci una domanda scomoda: e se alcune di queste narrazioni non fossero soltanto simboliche, ma il riflesso di esperienze reali, registrate con il linguaggio del tempo?
Il linguaggio degli antichi: codificare l’inspiegabile
I popoli antichi non disponevano di un vocabolario tecnico-scientifico moderno. Quando osservavano un oggetto volante nel cielo, non potevano descriverlo come un “aeromobile a propulsione antigravitazionale”, ma come ciò che più gli assomigliava nel loro universo simbolico: un carro trainato da cavalli celesti, un disco di fuoco, una nube parlante, un fulmine che si muoveva con volontà propria.
Il linguaggio mitologico era l’unico strumento a disposizione per raccontare l’inspiegabile. Tuttavia, il ricorso al mito non implica automaticamente la finzione. Anzi, in molte culture, il mito era una forma di memoria, un contenitore poetico attraverso cui una civiltà trasmetteva il ricordo di ciò che non riusciva ancora a comprendere pienamente.
Oggi tendiamo a separare nettamente la cronaca dalla leggenda, il fatto dalla fede. Ma per i nostri antenati, tutto era collegato. Il cielo era un palcoscenico sacro, e ciò che vi accadeva non era mai neutro.
Mito, cronaca o ricordo codificato?
Per comprendere se un episodio appartenga al mito o alla storia, possiamo analizzare alcuni indicatori:
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La presenza di dettagli precisi: Le testimonianze che riportano date, luoghi, ore del giorno, reazioni di massa o registrazioni in annali ufficiali hanno una valenza più forte rispetto alle narrazioni generiche.
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La descrizione tecnica (involontaria): Quando un antico parla di un oggetto che “non faceva rumore”, “volava controvento”, “emanava luce senza fuoco”, ci troviamo di fronte a descrizioni che – pur usando un linguaggio arcaico – potrebbero corrispondere a fenomeni tecnologici.
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La reazione della collettività: Più il fenomeno è osservato da più persone, e più è riportato in fonti diverse e indipendenti, più si avvicina al concetto moderno di testimonianza.
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Il contesto culturale: Alcuni eventi straordinari venivano integrati nei culti e nei rituali solo dopo essere stati vissuti. Le apparizioni nei cieli diventavano parte della religione perché lasciavano un impatto indelebile.
L’universalità del fenomeno: troppe coincidenze?
È difficile ignorare il fatto che descrizioni simili emergano in culture completamente separate da migliaia di chilometri e secoli. I carri celesti degli Indiani vedici, le navi volanti degli Aztechi, i dischi splendenti dei Romani, i “draghi di fuoco” della Cina imperiale, gli “uccelli parlanti” dei Dogon africani… Tutte queste visioni presentano tratti comuni:
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Velocità e silenziosità anormali
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Luminosità intensa ma non accecante
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Capacità di stazionare nel cielo per lungo tempo
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Manovre improvvise o ascese verticali
Possiamo davvero considerarle tutte allegorie religiose? Oppure è più coerente, in ottica scientifica, ipotizzare un denominatore comune? Se un medico trovasse gli stessi sintomi in pazienti di tutto il mondo, non parlerebbe di “miracoli”, ma cercherebbe la causa.
Gli storici come cronisti dell’inspiegabile
Molti storici antichi si comportavano più come cronisti neutri che come narratori mitologici. Tito Livio, ad esempio, riporta che “nel 218 a.C., uno scudo infuocato fu visto solcare il cielo di Roma”. Nessun commento mistico, nessuna interpretazione religiosa. Solo il fatto.
Giulio Ossequente, nel suo “Libro dei Prodigi”, raccolse decine di osservazioni di oggetti aerei anomali: globi luminosi, fiaccole volanti, oggetti sferici. In tempi di guerre o epidemie, il cielo veniva osservato con particolare attenzione, e ciò che si vedeva, veniva annotato.
Nel 135 d.C., Plutarco scrisse della battaglia tra Alessandro Magno e i Persiani, raccontando di "oggetti volanti lucenti che intervennero nella battaglia". È leggenda o è un ricordo codificato di un’interferenza esterna?
Anche Fonti cinesi, come i registri della dinastia Song, parlano di “ruote di fuoco che solcavano i cieli” o “sfere dorate che si immergevano nei laghi senza sollevare onde”. Nessuna religione, solo osservazione.
Tra simbolo e realtà: il punto cieco della storiografia
La storiografia moderna tende a leggere i testi antichi con lo scetticismo dell’uomo razionale, rimuovendo tutto ciò che appare miracoloso, surreale, impossibile. Eppure, ciò che è “impossibile” è spesso solo ciò che non rientra nella nostra attuale comprensione scientifica.
I resoconti di eventi celesti straordinari, invece di essere analizzati come possibili fenomeni fisici, vengono riclassificati come metafore, apparizioni religiose, deliri collettivi. Ma c’è una pericolosa leggerezza in questa operazione. Perché se i nostri antenati hanno davvero visto qualcosa… e noi lo ignoriamo, perdiamo una parte essenziale della nostra storia.
Oltre la soglia: verso la memoria celeste
Se vogliamo davvero comprendere il passato, dobbiamo avere il coraggio di uscire dal recinto del pregiudizio razionale e ascoltare ciò che gli antichi hanno cercato di tramandarci. Non solo con le parole, ma con simboli, arte, riti. Forse non sapevano spiegare ciò che vedevano. Ma lo videro. E lo registrarono.
Nel prossimo capitolo ci immergeremo nella terra delle piramidi e dei dischi solari, dove il culto di Aton e i misteri dei “carri celesti” potrebbero nascondere una delle prime interazioni con ciò che oggi chiamiamo “UFO”.
Perché in Egitto, il cielo non era solo il regno degli dèi…
Era la dimora di qualcosa di molto più vicino.
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